Raccontare la mia storia non è semplice.
Non perché sia diversa dalle altre, non perché sia più dolorosa e nemmeno meno complicata di chi lotta ogni giorno per sopravvivere. La mia storia non comincia, la mia storia ha deciso di raccontarsi da sola, perché in fondo ha sempre fatto parte del mio sorriso, ma anche delle mie lacrime.
Sono affetta da colite ulcerosa dal 2011, la diagnosi arrivò precisamente quattro mesi dopo i primi sintomi, semplicemente perché inizialmente anche per chi a quel tempo mi visitò non poteva di certo essere una malattia cronica. Spesso scrivo di me, ho scritto di me diverse volte. Spesso i pezzi di carta sono stati miei amici per tutto il tempo che mi occorreva. Alcuni li ho strappati, gettati dalla rabbia che provavo in quel momento e per le parole che bruciavano come fiamme nella mia testa. Alcuni li ho conservati, ad alcuni ho disegnato dei cuoricini, perché sì, i cuori mi hanno sempre trasmesso amore.[su_pullquote align=”right”]Amore verso me stessa che molto spesso dimenticavo di provare.[/su_pullquote]Ho fatto a gara con la mia forza e la mia voglia di sopravvivere, ho fatto a gara con i miei sogni quando li vedevo ormai troppo lontani. Ora ho 22 anni, alcuni dei miei sogni sono ancora troppo lontani, ma non irraggiungibili.
Ho ripromesso a me stessa che un giorno sarò forte anche per quell’amore mancato quando le mie notti erano ormai dolore, quando le mie gambe cadevano a pezzi e mi vedevo troppo piccola, troppo fragile.
Troppo forte da sopportare, troppo difficile per dire “domani mi sveglierò di certo con un sorriso”.
Lo ammetto, a volte ho dimenticato di sorridere, soprattutto quando ero rinchiusa tra le quattro mura di un ospedale e quando i medici cercavano di rassicurarmi, quando ho dovuto prendere tanto di quel cortisone e sentirmi dire nomi di medicinali che non mi avrebbero mai curata definitivamente.
Ad oggi potrei recitarli a memoria, ad oggi gli anticorpi monoclonali sono le mie speranze, ma non le mie scelte, non le mie paure, non i miei sorrisi e nemmeno le mie lacrime. Anche se la storia vuole raccontarsi da sola, io voglio parlare delle mie rinascite come se fossero dei lieto fine. Come quando ci si trova a leggere una favola e tutti aspettano la fatidica frase finale “e vissero tutti felici e contenti”. Io non ho avuto di certo modo di raccontarla, ma so esattamente come voglio che continui. La mia rinascita sarà il primo capitolo della mia storia, e quando tutti mi chiederanno come sarà la fine, risponderò che probabilmente non esiste e mai esisterà, perché avrà sempre fatto parte di me e dei miei piccoli traguardi.
Ogni giorno è un nuovo inizio di gioia e di sorrisi, ma anche di lacrime, perché mentire? Sarà pur sempre e per sempre un nuovo e fantastico inizio.
Angela, colite ulcerosa