Una maledetta febbre. Un incomprensibile inceppamento della macchina perfetta che dicono essere il corpo umano. Un corpo che inspiegabilmente attacca sé stesso ha cambiato le mie prospettive di vita.
Una colite ulcerosa.
Inizia questa convivenza nel mio corpo e questa lotta che l’armata dei farmaci non ha saputo contrastare. E alla fine la soluzione definitiva al male: colectomia totale e ileostomia temporanea, che è diventata mia amica per più di un anno. Non riuscivo ad accettare l’idea dell’intervento. Che l’intimità del mio corpo sarebbe stata violata, lasciandomi segni indelebili su di esso ricordandomi costantemente la malattia. Tuttavia, devo ammettere che il periodo della stomia mi ha rigenerato, facendomi riacquistare le energie perse da tempo.
Ho recuperato entro breve i chili persi, vivendo una vita con meno privazioni. Assaporavo nuovamente le sensazioni di una ragazza della mia età che finalmente poteva vivere le sue amicizie ed i suoi divertimenti. [su_pullquote align=”left”]Certamente non ero una ragazza come le altre, ma se mi guardavo alle spalle molte cose erano migliorate[/su_pullquote] Tutto ciò era solo in preparazione dell’ultimo intervento di ricostruzione della pouch, avvenuto a distanza di un anno e che ha chiuso il mio percorso chirurgico. Con la pouch ho dovuto riabituarmi ai serrati ritmi intestinali, stavolta dovuti alla piccola sacca che mai potrà ricoprire il ruolo del lungo e complesso colon, ma che cerca di fare al meglio il suo dovere.
Nel momento più buio della mia vita ho conosciuto mio marito, che ha cercato sempre di trasmettermi positività. Mi è stato vicino in questo percorso che dapprima ha segnato il mio essere e in seguito il mio corpo. Una ferita indelebile che ho saputo ricucire soltanto quando ho capito che ormai nella mia vita dovevo saper convivere con questa lotta interiore che viveva in me.
È arrivato il matrimonio. Sull’altare eravamo io, l’inseparabile colite, e mio marito. Mille erano gli interrogativi sulla possibilità di costruire una famiglia tutta nostra e di poter avere dei figli. Sapevo che la malattia non me lo avrebbe impedito, ma i dubbi erano sempre tanti ed offuscavano la mia mente. Alla fine ci siamo riusciti ed è arrivata la gravidanza. E con sé delle emozioni incredibili e indicibili.
Durante i 9 mesi la colite, quasi per magia, ha deposto le armi. Non del tutto, ma le guerre intestine (nel vero senso della parola) erano diventate piccole insurrezioni. Vedevo il piccolo crescere nel mio grembo e non ci credevo. Poi il giorno del parto, il corpo del tuo corpo che veniva alla luce e quella ferita sulla pancia che, vista dapprima come l’accesso all’inferno, è diventata porta per il paradiso. Un paradiso che ho toccato con mano anche una seconda volta quando l’accesso al paradiso è stato aperto per un altro istante.
La gravidanza è un dono che la colite non ti sottrae. Non rinunciate alla gravidanza ed ai figli e sappiate che le emozioni che provate saranno senza pari. Vi doneranno gioie infinite, vi faranno rivalutare i segni sui vostri corpi. Ma non potranno cancellare la quotidiana convivenza del vostro corpo che, preso dai capricci, decide di attaccare sé stesso.
Stefania, colite ulcerosa, mamma resiliente di Luciano ed Emanuele